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Isola Ischia - Ischia Island
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Castello Aragonese

Il Castello Aragonese d’Ischia sorge su un isolotto di roccia rachitica geologicamente denominato “cupola di ristagno”, corrispondente ad una bolla di magma consolidatasi nel corso di fenomeni eruttivi di più vasta portata.

Castello AragoneseLa fortezza raggiungibile dal versante orientale dell’isola grazie ad un ponte in muratura lungo 220 metri costruito in legno e pietra ad opera di Alfonso d’Aragona (XV secolo), raggiunge i 113 metri d’altezza s.l.m., ed è estesa su una superficie di circa 56.000 mq.

Dopo aver costeggiato la piazzola semicircolare, si sale verso la prima porta d’ingresso al castello detta del “Martello” dotata di campanella che risuonava qualora vi fossero state scorrerie di pirati e saraceni.

La prima fortezza venne costruita nel 474 a.C. su commissione del Greco siracusano, Gerone I,  giunto in aiuto dei Cumani nella guerra contro i Tirreni, svoltasi nelle acque antistanti il comune di Lacco Ameno.

Il fortino, utilizzato dai Romani nel 315 a.C. come luogo di rifugio, durante le dominazioni dei Visigoti, Ostrogoti, Arabi, Normanni, Svevi e Angioini, subì continui interventi di trasformazione.

Lo sviluppo dell’insediamento sul castello fu incentivato dal tragico fenomeno eruttivo del Monte Trippodi avvenuto nel 1301, a seguito del quale gli Ischitani si rifugiarono sulla rocca che assicurava tranquillità e sicurezza.

Al 1441 risale la realizzazione per volere di Alfonso d’Aragona, del maschio, del ponte di collegamento dell’isola con il castello, e delle mura.

Il periodo di maggiore splendore si ebbe verso la fine del XVI secolo, quando la rocca accoglieva ben 1892 famiglie, oltre il Convento delle Clarisse, l’Abbazia dei Basiliani di Grecia, il Vescovo col Capitolo ed il Seminario, ed infine il Principe con la guarnigione; si ricordi che, tredici erano le abitazioni esistenti sulla rocca, di cui sette erano parrocchie.

A partire dal 1750, finito il pericolo dei pirati, gli abitanti iniziarono a spostarsi verso i vari comuni dell’isola alla ricerca di nuove terre da coltivare.

Nel 1809 la rocca subì l’attacco e la conseguente occupazione e distruzione da parte degli Inglesi.

Nel 1823 Ferdinando I, Re di Napoli, ordinò agli ultimi trenta abitanti di lasciare le loro abitazioni e raggiungere la vicina isola, nonché dispose che la fortezza fosse trasformata in un luogo di pena per gli ergastolani, per poi essere adibito nel 1860 in una prigione politica per gli uomini che si fossero opposti al potere dei Borboni. Il pilastro sinistro della Porta Martello conserva l’iscrizione marmorea che ricorda i martiri napoletani incarcerati nelle prigioni politiche del castello per le loro idee in favore dell’Unità d’Italia. Nel 1860 con l’arrivo di Garibaldi a Napoli, il carcere politico fu soppresso ed Ischia si unì al Regno d’Italia.

Dall’8 Giugno del 1912 il Castello è nelle mani dei Privati che ne curano i restauri e la gestione.

PassaggioFino al 1660, a ricordo di un importante episodio storico, esisteva sull’architrave della prima porta d’ingresso alla fortezza, una lapide apposta nel 1495 da Ferrandino d’Aragona, a testimonianza del vile tradimento perpetrato dal governatore militare del Castello, Giusto della Candida, che si era rifiutato di accoglierlo, la cui testa mozzata fu collocata nelle vicinanze di una buca chiusa con pietra, sulla quale vennero scolpite le insigne aragonesi.

La seconda porta d’accesso alla fortezza, distante dalla prima circa 50 metri, conduce al corridoio coperto dal quale prendeva accesso la caserma per la guarnigione addetta alla difesa e alle manovre di apertura e chiusura del ponte levatoio.

Segue la terza porta che conduce alla galleria fatta scavare da Alfonso d’Aragona, alta 15 metri e larga 6 metri, con pavimentazione formata da quadroni in basalto vulcanico, illuminata grazie ad un arco scavato nella pietra da cui si gode un panorama mozzafiato sulle isole di Vivara e Procida. La galleria conduce nella cappella dedicata un tempo a San Leonardo, ed ora a San Giovan Giuseppe della Croce, oltre la quale si erge la porta saracena, anticamente decorata dallo stemma della famiglia d’Avolos.

Il portone seguente, ultimo accesso alla fortezza, realizzato per volere di Alfonso d’Aragona, conduce nell’antica Piazza d’Armi, dalla quale dipartono il viottolo che conduce all’Ex Episcopio, la strada d’accesso alla fortificazione, e la stradina che conduce allo sterrato semicircolare dove venivano disposti i cannoni; a riguardo sono tutt’ora visibili i fornelli utilizzati per infuocare le palle di pietra.

Girato l’angolo che costeggia l’abside dell’antica cattedrale, si incontra un imponente edificio denominato “la Casa del Sole”, al cui interno sono custoditi i reperti archeologici riportati alla luce nel corso degli scavi effettuati sul Castello. Qui si possono ammirare pregevoli strutture architettoniche sovrapposte, risalenti ad epoche diverse.

Segue la chiesa di San Pietro a Pantaniello così chiamata per via della presenza al suo interno di una statua del Santo rinvenuta su una collina dei pressi del Porto d’Ischia, dove all’epoca vi era un laghetto denominato “pantaniello”. Il “tempietto” con impianto esagonale, fu costruito su commissione di Dionisio Basso, e su progetto dell’architetto Jacopo Barozzi, detto il Vignola.

Proseguendo verso il Caffè Ristorante “Il Terrazzo” si aprono le prigioni realizzate dai Borboni nel 1799 per imprigionarvi gli oppositori politici, di cui si conservano le robuste porte, i massicci cancelli, le garitte, e gli spioncini dai quali giorno e notte i prigionieri venivano sorvegliati.

Più avanti si accede al Terrazzo degli Ulivi di forma trapezoidale, un tempo giardino del Castello, da cui si gode una vista mozzafiato sul Golfo di Gaeta e sui Monti Lettari. Alle spalle si erge il Maschio con imponenti torri angioine, ricostruito nel 1441 da Alfonso d’Aragona che lo donò alla bella popolana di Torre del Greco, Lucrezia d’Alagno, della quale si era innamorato.

Per trentacinque anni, il Forte ospitò la principessa nonché poetessa Vittoria Colonna, fuggita da Roma all’età di 8 anni per motivi politici, e sposa di Ferrante d’Avolos.

Chiesa Santa Maria delle GrazieProseguendo si incontra la Chiesa Santa Maria delle Grazie o dell’Ortodonico, dal latino “in orto Domini” che significa “nell’orto del Signore” (evidentemente ricordava l’orto dei Getsemani, dove Gesù trascorse le ultime ore di vita) ampliata su precedenti strutture per volere di Donna Costanza Carretta nel 1500, e destinata alla Congrega dei Pescatori di Ischia. La peculiare posizione dell’edificio religioso a strapiombo sul mare è il motivo per cui è conosciuta anche come Chiesa della Madonna della Punta. Lungo il percorso si osservino i palmenti (vasche) per la vinificazione realizzate al posto delle case, subito dopo l’abbandono della rocca da parte degli abitanti.

Il percorso di visita al Castello prosegue verso il sentiero che attraversa l’itinerario di Levante e ripercorre il tracciato dell’antica strada medioevale, lungo il quale si incontra l’antica torre di avvistamento e di difesa un tempo accessibile direttamente dalle sottostanti mura fortificate, mediante una scala esterna, e la bellissima Chiesa della Madonna della Libera, costruita nel XII secolo, così intitolata alla Vergine per ingraziarla di aver protetto il popolo d’Ischia dall’ultima eruzione dell’Epomeo (cratere del Monte Rotaro). L’immagine della Madonna esposta all’interno della chiesa, è una copia dell’originale custodita nelle Cattedrale d’Ischia, opera del pittore Antonio Cutaneo d’Ischia.

Dopo aver percorso il viale dell’Ailantus si giunge all’antico Tempio del Sole, al Terrazzino del Tempio, e alla Loggetta panoramica.

Dalla descrizione del Castello appare chiara la sua conformazione simile ad una città-fortezza tipica del periodo normanno e svevo, contraddistinta da un forte incremento urbanistico ed un crescente insediamento da parte delle autorità civili, militari e religiose. Da qui l'interesse della dinastia provenzale di Carlo II d'Angiò al potenziamento delle strutture difensive e di avvistamento, nonchè della cinta muraria atta a proteggere la cittadella dagli attacchi provenienti dal mare.

Cupola e MuroDa vedere lo splendido borgo di San Nicola così chiamato in ricordo dell'originaria denominazione della Cappella della Madonna della Libera, per l'appunto dedicata al Santo Patrono di Bari, in onore del quale è stata realizzato un meraviglioso affresco, custodito nella cripta della Cattedrale del Castello. Alle vestigia dell'antica cattedrale si accede mediante una imponente scala a due rampe, oltre la quale si aprono due livelli: chiesa e cripta. Alla sinistra dell'ingresso si erge la torre campanaria (ora distrutta) ed il Palazzo Vescovile, prima che venisse trasferito nel complesso monumentale del Seminario diocesano. Alla cripta si accede dopo aver disceso alcuni gradini, che immettono in un luogo tetro, "popolato" da tombe patrizie. Meravigliosa anche la costruzione del Convento delle Clarisse, conosciute anche come monache cappuccinelle, con annessa chiesa dedicata all'Immacolata, adibita fino al secolo scorso ad appartamento del capitano. La realizzazione del monastero in questione è collegata alle vicissitudini della vita della nobile Beatrice della Quadra, residente nella città-fortezza, straziata dal dolore per la morte prima del marito Marziale e poi del figlio Giovanni, ed in un secondo tempo del secondo marito Muzio d'Avalos. Affranta dal dolore, la donna decise di dedicarsi alla vista religiosa, e di fondare il primo monastero di clausura sul Monte Epomeo, nell'antico eremo di San Nicola, con lo scopo di avvicinare le giovani di nobili famiglie alla vita religiosa. Il rigore del clima invernale costrinse Beatrice e le giovani consorelle ad abbandonare il monte, ed a trasferire il convento sul Castello.

Il Maschio, maggiore monumento dell'antica città, fu costruito dagli Angioini e completamente rifatto su commissione di Alfonso d'Aragona. L'impianto fortificato a pianta quadrangolare, presenta quattro torri di difesa, a guardia dei nobili che alloggiavano nelle residenze interne, cui si affiancavano le camere della servitù, dei cortigiani e della truppa. Affacciava sul mare, lo splendido appartamento nobile, occupato dal signore feudatario, e dal Re di passaggio per Ischia.

Da non perdere la visita alla Torre Guevara, meglio nota come Torre di Michelangelo, a pianta quadrata, suddivisa in tre piani a loro volta contraddistinti da quattro ambienti, di cui quello al primo piano conserva un affresco attribuito ad un allievo di Raffaello. La torre prende il nome dal suo costruttore, Giovanni di Guevara, mentre la seconda denominazione dedicata all'illustre pittore italiano, si riccollega ad una possibile corrispondenza d'amorosi di Michelangelo Buonarroti con Vittoria Colonna, poetessa italiana del Cinquecento e "regina" del Castello.

 

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